a cura del Prof. Luca Marrone
LA PROFESSIONE DI CRIMINOLOGO
La criminologia può definirsi come la disciplina che studia i fenomeni criminali in una prospettiva
multidisciplinare e interdisciplinare. Prende in esame il delitto, i soggetti che delinquono o che
comunque adottano comportamenti devianti, le vittime, la reazione sociale al crimine, sotto il
profilo della gestione dei fenomeni delinquenziali stessi e della loro percezione diffusa.
Il pensiero criminologico si è sviluppato adottando prospettive analitiche assai diverse tra loro.
All’approccio teso a identificare la causa del comportamento criminoso in determinati assetti
biologici costituzionali del delinquente (Lombroso, Hooton, Lange), si è affiancato quello
impegnato a esplorare una possibile correlazione tra peculiarità somatiche e psiche (Kretschmer,
Sheldon). Si sono inoltre condotti studi volti a verificare la sussistenza, nei soggetti che delinquono,
di specifici, ricorrenti tratti di personalità (De Greef, Pinatel, Yochelson, Samenow). Alla
prospettiva psicologica possono poi ricondursi gli studi di Dollard e Miller (teoria della
frustrazione-aggressione), di Thomas, Mannheim, Fromm. La stessa psicoanalisi ha tentato di
spiegare la causa delle condotte criminose (il freudiano criminale per senso di colpa), la ricerca
della punizione (Alexander e Staub), l’impulso a confessare (Reik). Erikson ha introdotto il
concetto di identità negativa, impiegato in criminologia da Mailloux; Mead ha delineato il costrutto
del Sé, destinato a influenzare le successive teorizzazioni.
Numerosi studi sociologici si sono poi focalizzati sul concetto di anomia, variamente formulato e
declinato (Durkheim, Bonger, la Scuola di Chicago, lo struttural-funzionalismo). Sutherland ha
proposto la teoria delle associazioni differenziali, Glaser ha parlato di identificazione differenziata,
Cloward e Ohlin hanno prospettato la teoria delle sottoculture devianti, Sykes e Matza hanno
enumerato le cd. tecniche di neutralizzazione del disagio conseguente alla violazione della legge,
Goffman, Chapman, Becker e Lemert si sono concentrati sulla teoria dell’etichettamento. Ulteriori
contributi sono riconducibili alla criminologia radicale e alla criminologia critica di impostazione
marxista. Le teorie multifattoriali hanno prospettato il crimine come conseguenza dell’interazione di
vari ordini di cause (biologiche, psicologiche, sociali): si pensi alla teoria non direzionale (Glueck e
Glueck) e alla teoria dei contenitori (Reckless).
Abbiamo qui tentato, senza alcuna pretesa di completezza, di dare un’idea della varietà e della
complessità degli studi criminologici. Il metodo di indagine adottato da chi studia i fenomeni
criminali sembra scaturire a sua volta da una sintesi di prospettive analitiche attinte da varie
discipline. Il criminologo potrebbe considerarsi un umanista-scienziato, capace di unificare tali
prospettive appunto nel tentativo di comprendere un fenomeno tanto complesso e dalle numerose
sfaccettature quale il crimine.
Con la sua attività di raccolta e di valutazione dei dati relativi ai fenomeni criminosi, questo
eclettico analista può rivelarsi un valido interlocutore del legislatore nel mettere a punto adeguate
strategie di contrasto delle condotte delinquenziali e può fornire utili consulenze agli operatori del
diritto, nelle varie fasi del procedimento penale. Nel corso delle indagini preliminari, il criminologo
potrà operare come consulente tecnico del pubblico ministero e dell’avvocato (nonché, secondo
alcuni, come ausiliario di P.G.) per interpretare le modalità esecutive di un’azione criminosa, per
valutare l’attendibilità di un teste o dell’indagato sottoposto a interrogatorio, per intervistare la
vittima o il minore traumatizzati dall’evento criminoso, per stilare, infine, il profilo dell’ipotetico
criminale (criminal profiling). Nella fase dell’esecuzione della pena, egli può assistere la
magistratura di sorveglianza nell’individuare utili modalità di personalizzazione del trattamento
sanzionatorio, tramite consulenze tese a valutare la genesi del comportamento criminale,
individuarne le possibili cause e svolgere una prognosi circa possibili recidive.
In assenza di un albo professionale, in Italia l’attività di criminologo è compresa tra le
professioni non organizzate (Legge 4/2013). Esistono varie associazioni di categoria che certificano
le competenze dei loro iscritti.
L’ORIGINE LETTERARIA DEL CRIMINAL PROFILING
Tra le applicazioni della criminologia all’investigazione rientra il criminal profiling. Esso si basa sul
principio secondo cui ogni azione rivela qualcosa di chi la compie, della sua personalità, del suo
modo di relazionarsi a cose e persone. In tal senso, dunque, la scena di un crimine, opportunamente
analizzata, può fornire informazioni sull’autore del reato, sul suo stato mentale, sul suo rapporto con
la vittima. Il profiler ha quindi il compito di tradurre in una descrizione psicologica,
comportamentale e socio-culturale del cd. offender gli elementi rinvenuti sulla scena del crimine,
fornendo così utili suggerimenti investigativi e consentendo a chi investiga di focalizzare
l’attenzione su determinate tipologie di soggetto ritenute più compatibili con la specifica tipologia
di crimine in esame.
La tecnica del criminal profiling deve molto, nella sua evoluzione, alla frenologia, al
costituzionalismo e all’antropologia criminale ed evidenti debiti possono, inoltre, individuarsi con
la letteratura poliziesca delle origini, che ha spesso indicato nuove strade all’evoluzione dei metodi
dell’investigazione criminale.
Rievocando, in Mindunter (suggestivo ibrido tra il memoir e lo studio criminologico), gli esordi
delle ricerche sul profiling svolte presso l’Unità di Analisi Comportamentale dell’F.B.I., John
Douglas, uno degli agenti del Bureau cui si devono significativi contributi in tal senso, afferma in
proposito: “Auguste Dupin, il detective dilettante creato da Edgar Allan Poe nel suo classico I delitti
della via Morgue, è stato forse il primo esperto di comportamento criminale della storia. […] Non
diversamente dai membri della mia unità, Poe comprese l’importanza dell’analisi comportamentale
in mancanza di prove certe. […] Ma fu l’immortale creatura di Sir Arthur Conan Doyle, Sherlock
Holmes, a proporla al mondo intero.”
In effetti, racconti come I delitti della via Morgue (1841) e Il mistero di Maria Roget (1842-43) di
Edgar Allan Poe risultano quasi interamente strutturati come vere e proprie analisi investigative e
comportamentali, secondo iter argomentativi di cui dovrebbero far tesoro proprio gli attuali
operatori del settore. E gli esempi di un approccio analitico teso a trarre ipotesi sull’autore di un
crimine dalle tracce materiali da questi lasciate sul locus commissi delicti abbondano poi in tutto il
corpus narrativo di Arthur Conan Doyle dedicato a Sherlock Holmes. Valga, tra i moltissimi,
l’esempio contenuto nel romanzo Uno studio in rosso (1887): all’esito dell’accurato esame di una
casa abbandonata in cui è stato rivenuto un cadavere, Holmes conclude: “Si tratta di un assassinio.
L’omicida è un uomo. È un giovane alto più di un metro e ottanta, ha i piedi piccoli per la sua
altezza, calza scarpe scadenti dalla punta quadrata e fuma sigari Trichinopoli. È arrivato qui insieme
con la sua vittima in una carrozza a quattro ruote tirata da un cavallo con tre ferri vecchi e uno
nuovo alla zampa anteriore destra. Secondo ogni probabilità l’omicida ha una faccia di colore
acceso e unghie molto lunghe alla mano destra.”
La letteratura poliziesca successiva è gradatamente giunta a esplicitare la stretta correlazione tra le
tracce rinvenute sulla scena di un crimine e le peculiarità comportamentali dell’assassino, di fatto
prefigurando appunto le codificazioni del criminal profiling. Valga, in tal senso, una riflessione
contenuta in La strana morte del signor Benson (1926) di S.S. Van Dine. Il protagonista del
romanzo, Philo Vance, raffinato esteta e criminologo per hobby, propone in proposito una
interessante riflessione. A suo dire, ogni azione umana costituisce una diretta espressione della
nostra personalità e rispecchia la nostra natura. Quando venti artisti, continua, dipingono lo stesso
soggetto, ciascuno lo concepisce ed esegue in modo differente, palesando una chiara e
inconfondibile espressione della sua personalità. Lo stesso, conclude, vale per i crimini: un esperto
può analizzare un crimine e descrivere con certezza quasi matematica la natura e il carattere del
criminale. Dunque, una tipologia di analisi cui si ricorre nelle indagini su casi criminali
particolarmente complessi trae origine dall’intuizione di autori di narrativa particolarmente in
sintonia con le reali problematiche dell’investigazione criminale. Del resto, secondo un noto adagio
di Oscar Wilde, la natura imita l’arte.
Breve profilo biografico
Luca Marrone. Nato a Roma, si è laureato in Giurisprudenza, specializzandosi poi in Criminologia e
Psicologia forense. Si è dedicato ad attività di investigazione e di consulenza criminologica e, dal
2007, è docente di Criminologia e Scienze forensi presso la Libera Università Maria Ss. Assunta
(Lumsa) di Roma. Tra le sue pubblicazioni più recenti, ricordiamo: Il Mostro di Firenze. Scene del
delitto e profili criminologici (2020), Il Mostro di Roma. Delitto, devianza e reazione sociale
nell’Italia del ventennio (2020), Profili criminali. Ricerca criminologica e investigazione (2022) e
Block notes di un criminologo (2022).